Ieri, o almeno io l’ho visto ieri, girava su LinkedIn un video molto interessante su molestie e abusi in agenzia, nel quale si portava l’attenzione sulla “normalizzazione” di certi atteggiamenti. Ovvero, i giovani che entrano nelle agenzie rischiano di essere sottoposti a un modello distorto che alla lunga potrebbe essere normalizzato e interiorizzato. (Siate clementi, non sono riuscita a ritrovare il video per citare le parole esatte, soffermatevi sul concetto. Ok?)
Praticamente è quello che dico nella mia intervista quando mi chiedono come mai non abbiamo mai denunciato certi atteggiamenti a tempo debito, invece di continuare a subire.
Per citarmi: “Sono cresciuta con un modello errato, secondo cui era normale sopportare questi soprusi, altrimenti si perdeva il posto di lavoro. Avendo subito episodi del genere in varie agenzie, sono arrivata a credere di essere io il problema. Ho pensato di essere sbagliata…”
Ora, la sintesi della mia intervista non sviluppa tutto il concetto, dato che riassume 2 ore di telefonata in 2 minuti di lettura, ma secondo voi di cosa si sta parlando?
Molti, non tutti per fortuna, hanno preso le mie parole solo come uno sfogo fine a se stesso, questo per non aver fatto nomi. Sono stata accusata di voler sollevare polveroni e, la peggiore di tutte, di voler solo fare pubblicità al mio blog.
Sul serio non vi interessa più sapere cosa ha da dire una persona? Per un momento mi sono vergognata per aver raccontato la mia esperienza solo ed esclusivamente per dire alle persone: “Ehi voi, là fuori, se vi state sentendo così, sappiate che non è normale”.
E poi, due giorni dopo, applausi sotto a un video che portava l’attenzione proprio sull’argomento.
Non voglio trarre conclusioni sbagliate, illuminatemi voi.