Archivio | aprile, 2014

Da Torino al mare passando per quell‘insofferenza che solo un treno affollato Trenitalia sa darti.

28 Apr

In ordine di fastidio.

A primo posto, puzze varie, umane, puzze di una puzza così puzzosa che riesce sempre a stupirmi.

Al secondo e terzo posto, suonerie dei fucking cellulari e bambini urlanti a pari merito, con la differenza che la suoneria puoi tranquillamente chiedere di eliminarla, la bambina che strilla e tira calci al tuo sedile no.

Al quarto posto, gli sconosciuti che vogliono parlare a tutti i costi e intavolano conversazioni su quanto sarebbe bello usufruire del proprio pitale piuttosto che dei luridi bagni presenti sul treno.

Al quinto posto, l’annuncio snervante in loop che avvisa i gentili signori passeggeri che “se vi becchiamo senza biglietto vi facciamo un culo così”.

Al sesto posto, la signora dall`altra parte del vagone che parla a un volume illegale della sua interessantissima vita.

Al settimo posto, le 4 ore a passo d’uomo per percorrere Torino-Ventimiglia.

All’ottavo posto, l’inspiegabile ritardo di 22 minuti nonostante le 4 ore di cui sopra.

Al nono posto, i bagagli che vagano nei corridoi, soprattutto trolley, perché qualcuno non ha voglia di metterli su.

Al decimo posto, il fatto di essere talmente intollerante da non accorgermi che mare meraviglioso ho alla mia sinistra.

La domanda che prima o poi ogni uomo si fa: “dov’è?”.

3 Apr

La convivenza è bellissima: piedi caldi tutto l’anno, anche a gennaio, colazioni lunghissime la domenica, che diventano cola-pranzi, maratone di film sul divano con schifezze da mangiare e così via…

Nel periodo di convivenza con una persona si creano degli equilibri solidi e duraturi, quasi dei taciti accordi su chi fa cosa. Ognuno sa esattamente cosa, come e quando “fare”, peccato che agli uomini non hanno lo switch del “dove”.

Gli uomini, a casa loro, mancano completamento del concetto del “dove”. Sembra infatti, per certi aspetti, che loro non abitino il nostro stesso ambiente, al punto che viene da chiedere “dove sei stato tutti questi anni?”

Già, dove?

Perché gli uomini dopo 3, 4, 5 anni di convivenza, e da quel che dicono le donne più anziane della mia famiglia anche dopo 35, 40, 45 anni di matrimonio, ancora non sanno dove sono i calzini, le posate, i tovaglioli, gli asciugamani, le ciabatte, il phon, i sacchetti per congelare, la carta igienica di scorta, i prodotti per pulire per la casa e tutta una serie di robe che evidentemente noi donne nascondiamo per fomentare un’estenuante caccia al tesoro.

Quando un uomo chiede “dov’è?” e la donna risponde citando a rotazione i soliti 3-4 cassetti distribuiti per la casa ci sono, comunque, altissime probabilità di insuccesso.
Infatti l’uomo andrà a controllare e poi dirà “non c’è” e la donna si alzerà, andrà a controllare e miracolosamente vedrà svettare, proprio davanti ai suoi occhi, l’oggetto incriminato.

E se l’oggetto in questione termina veramente cosa succede?
Nulla, l’uomo continuerà a chiedersi “dov’è?” senza provvedere al rimpiazzo.

Esempio di conversazione.

(venerdì sera)

– Dov’è il pepe?

– Finito.

(domenica a pranzo)

– Dov’è il pepe?

– Sempre finito.

Comunque non faccio una colpa agli uomini per il loro deficit del “dove”. Sono fermamente convinta che non sia colpa loro, ma che sia una sorta di malattia genetica che colpisce il 95% dei soggetti. Un po’ come la malattia che hanno certe donne, che sentono il bisogno di fare enormi mucchi di vestiti sulla sedia in camera da letto, sulla superficie della lavatrice, sul divano, nell’armadio mezzo vuoto del proprio uomo e ovunque ci sia un ripiano su cui posare qualcosa.

Ah, a proposito di armadi… grazie per avere così pochi vestiti e per lasciarci l’usufrutto di quella “porzione” di armadio che non usate e di quel cassetto mezzo vuoto in cui poi non riuscite a trovare i calzini.

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