La sera diventava un match interessante per cercare di raggiungere un compromesso.
Il telefono squillava e io accendevo una sigaretta. Poi rispondevo e lui, dall’altra parte del cavo, mi diceva di non fumare troppo.
– Ciao com’è?
Pronunciava quelle parole talmente veloci che diventavano un unico neologismo fastidioso.
– Sto bene. Tu?
– Stanco.
– Capisco.
– Hai mangiato?
– Si.
– Sei telegrafica.
Lo ero davvero, sapevo già dove sarebbe finita la conversazione, come sarebbe andata la serata e quando sarei arrivata io.
– No, non ho niente.
– Io non ti ho chiesto se hai qualcosa. Hai qualcosa?
– Lascia stare, sono solo stanca e sono affamata.
– Affamata?
– Non ho ancora mangiato.
– Avevi detto di si.
– Allora? Anche tu dici tante cose.
A quel punto la situazione era molto chiara: io avevo voglia di litigare, lui no.
– Ehi, cosa ti succede. Ci vediamo stasera?
– Si, vieni qui?
– Non riesci a venire tu?
– Ti prego, è importante. Veni qui, vieni tu.
– Va bene.
– Si, ma vieni adesso.
– Arrivo tra un po’.
– Quando? Tra quanto?
– Dopo le 11
– No, vieni adesso.
– Adesso non posso.
– Che devi fare?
– Delle cose …
– Che cose?
– Forse vengono degli amici a cena.
– Forse?
– Si, nulla di organizzato.
– Allora rimanda.
– Non posso.
– Perché?
– Ho preso un impegno.
– Avevi detto di no.
– Allora? Anche tu dici tante cose.
A quel punto la situazione era molto chiara: a me era passata la voglia di
litigare, a lui stava venendo.
– Anche con me hai un impegno, di vita.
– Non fare sempre paragoni con i miei amici.
– Paragoni? Credevo di essere più importante.
– …………………………………………………………………..
(Silenzio) Il nulla. Nemmeno un respiro. Lui stava zitto e io cominciavo a cedere, come tutte le volte.
– Ok, tranquillo. Ti aspetto dopo le 11. Ciao.
Non rimaneva che abbandonare la conversazione e fingere un mezzo sorriso nel tono di voce, per paura forse.
Paura di provare, di nuovo, quella sensazione: quella di non essere amata. La stessa provata a Parigi, al cimitero di Père Lachaise quando a me non interessava cercare la tomba di Jim Morrison e a lui non interessava tornare in albergo con me. La stessa provata a capodanno, quando io ero triste e lui era in Messico. La stessa provata quando io sognavo di vivere con lui e lui non voleva vivere. La stessa provata quando io non volevo più vivere senza di lui e lui voleva vivere con un’altra. Proprio quella. Quella in cui non sei al primo posto, in cui la prima serata è un lusso solo per reality e giochi a premi, quella in cui o sei un cinefilo nottambulo o è dura rimanere sveglio. Quella di chi aspetta che succeda qualcosa, di chi aspetta un gesto speciale, quella di chi aspetta e basta.
Radio Selvaggia Libera oggi, proprio come 5 anni fa.
Cambiano le situazioni, le persone, ma la storia è sempre le stessa.
RSL attende e ascolta una bella canzone, la nostra.
Su RSL passano i Neutral Milk Hotel, quelli che mi hanno tenuto compagnia durante diversi anni di solitudine.