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Violenza di genere e ogni genere di violenza.

28 Apr

Oggi è la giornata mondiale di sensibilizzazione allo stupro, ma io preferisco vederla come la giornata che invita le vittime di abusi a “rompere il silenzio”.

Sono cresciuta negli anni ’90, in una società che legittimava QUALSIASI tipo di violenza al motto di:

Sei tu che te la sei cercata.

Cosa? Tutto!

Per farvi capire quanto fosse legittimata la violenza vi dico solo che il bullismo era talmente normale che, nei casi più gravi, i primi bulli erano proprio i maestri o i professori. E che non solo subivi le loro vessazioni, anche fisiche molte volte, ma che ti vergognavi pure a dirlo ai tuoi genitori perché ti sentivi profondamente stupido.

Oddio, è colpa mia che non riesco a imparare la tabellina del 7.

Era talmente legittimata, che sfottere una ragazzina nell’età dello sviluppo per la sua fisicità era una semplice burla: goliardia. Avere 15 anni e le mie sopracciglia, nell’ultimo decennio del XX° secolo, ovvero all’epoca dell’ala di gabbiano, non è stata una passeggiata.

Peo (Pericoli) – Beppe (Bergomi) – Elio (E le storie stese)

I ragazzi della mia zona mi hanno chiamata così per 10 ANNI. E pure, anche in quel caso, ero io quella che provava vergogna. NON LORO.

La colpa è mia che sono nata con questo abomino sugli occhi.

E così a cascata, anche quando la mia faccia ha smesso di essere un problema, con l’avvento delle icone sexy dagli occhi pelosi (TIE’), e ha passato la palla ad altre amenità.

Un consiglio, se delle mode, dei vestiti e delle tendenze, non riuscite a intravedere la vastità del ca’ che ve ne frega, non andate a lavorare nelle agenzie pubblicitarie: sarete più esclusi dei Jalisse da San Remo. (non è violenza, ma ti fa stare abbastanza di merda)

Invece, entrando nell’ambito delle vere violenze sul lavoro, se ci scappa del mobbing sappiate che ” in Italia non esiste” e che “comunque non potresti provarlo”: che fa sempre molto ridere perché spesso queste frasi sono dette dalle persone testimoni che invece potrebbero provarlo, e come. In ogni caso, ti darai sempre la solita spiegazione:

“Forse sono io la disadatta, l’insolente… forse, me lo sono meritato”.

Ma perché vi racconto questo, che col sesso non ha molto a che fare? Perché se ci abituiamo a giustificare o farci carico delle “piccole” (si fa per dire) violenze, risponderemo nello stesso modo anche alle grandi:

“ME LO SONO MERITATO”.

Chi compie violenza desidera questo: il silenzio che ti fa vacillare, che ti instilla il dubbio di colpevolezza, di essere sbagliata/o. Il silenzio è quello che non ti fa denunciare il branco, il marito violento, il compagno di scuola che abusa dei più deboli e delle minoranze, o chi cerca di schiacciare la tua autostima con abusi di potere.

Quindi per favore, proviamo a uscire da ‘sti maledetti anni ’90 e proviamo a rispondere diversamente alla violenza.

#COLCAVOLOCHEMELOMERITO

Ora, provate a montare queste sopracciglia sul viso di una adolescente. Negli anni ’90.

Quello che le donne non dicono potresti anche fare lo sbatti di immaginarlo.

26 Apr

Si dice che quando una donna dice “no”, in realtà, vuole dire “sì”, e viceversa. Che quando una donna risponde “non ho niente” significa “sono incazzata come un puma giapponese e se ti avvicini ti recido la giugulare con una carezza”. Che quando una donna esordisce con “va tutto bene” vuole dire “ma ti pare che vada bene?”. Che quando una donna, timidamente, dichiara “non importa”, nel profondo, sta pensando “minchia se questa me la paghi!”. Insomma, si dice che quando una donna dice qualsiasi cosa è molto difficile che “quella cosa” abbia realmente “quel” significato. 

Ma è sempre stato così? Non potendomi avvalere di ricostruzioni storiche attendibili, tipo i filmati “in costume”che partono ogni volta che la famiglia “Angela” si fa una domanda, mi accontenterò di confutare la mia tesi attraverso qualche esempio cinematografico.  

Quante volte nei film abbiamo visto donne baciate di prepotenza, dal fusto di turno, che prima si ribellano come anguille in preda alle convulsioni e pochi secondi dopo si lasciano coinvolgere in una limonata capace di rilevare anche il più piccolo reflusso gastroesofageo? Pensate a Rossella O’Hara, a Holly, a Cleopatra…. anzi, pensate direttamente a Liz Taylor in tutti i suoi ruoli e nella vita. 

Ciò che invece sfugge alla mia analisi è: perché gli uomini continuano a ignorare questa peculiarità della donna?

A) gli uomini non sono dotati di memoria storica.

B) gli uomini non vanno abbastanza al cinema.

C) gli uomini non hanno una grande immaginazione.

D) gli uomini non se ne fottono proprio.

Ormai, sui vari social, girano veri e propri tutorial per interpretare e decifrare il linguaggio delle donne. Elio con “Cara ti amo” ha creato un attendibilissimo manuale per la comprensione dell’utero e delle sue necessità. 

E se la questione fosse più complessa? E se un banalissimo “sei arrabbiata?” volesse dire “so che sono stato proprio uno stronzo, ma  ho un orgoglio grande come la fronte di un beluga e non riuscirò mai ad ammetterlo”? A quel punto il “ma figurati!” o il “non importa” delle donne risponderebbe inconsciamente all’orgoglio dell’uomo con “col cavolo che ti prendi questa soddisfazione!”.

Così però cadrebbe tutto quello che ho imparato in questi 30 anni di vita.  A una certa età le fanciulle imparano che quando un uomo dice una cosa, in genere, vuole dire proprio “quella”,  fatta eccezione per le seguenti situazioni: 

  • non è che non mi piaci, è che siamo troppo amici. (sei racchia)
  • è che ho paura di rovinare tutto. (sei racchia)
  • non sei tu, sono io che sono sbagliato. (sei racchia)
  • tu sei fantastica ma… (sei racchissima) 

Il punto è proprio qui. Perché noi donne al primo “non sei tu, sono io che…”capiamo il vero significato della frase e voi maschietto davanti a un “non voglio più vederti”ci prendete in parola?  

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